Quotidiano | Categorie: Politica

Piano Industriale BPVi, alcuni punti focali e i commenti di Ciambetti e Cappelletti a VicenzaPiù

Di Edoardo Andrein Giovedi 1 Ottobre 2015 alle 17:29 | 0 commenti

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Pubblichiamo i commenti di alcuni tra i politici e i sindacalisti da noi interpelati su alcuni punti che reputiamo focali per quanto riguarda il piano industriale di Banca Popolare di Vicenza, che abbiamo seguito ieri, mercoledì 31 settembre, in diretta su www.vicenzapiu.com col supporto anche di alcuni video di VicenzaPiu.Tv tra cui l'intervento completo di Francesco Iorio e con molte delle sue rispote ai circa trenta giornalisti presenti.

Ecco i punti sottoposti all'attenzione dei nostri intelocutori che, però, hanno avuto modo di documentarsi su tutto sui nostri media e sulla stampa locale e nazionale:

1 - La banca rimarrà multiregionale (Veneto, Friuli in primis e poi Sicilia, Lazio, Toscana e Lombardia ma non avrà più ambizioni nazionali) e sarà una delle più patrimonializzate del sistema italiano dopo la ricapitalizzazione, che avverrà un giorno dopo la quotazione. Non  esistono problemi di liquidità

2 La Banca tornerà a fare esclusivamente la banca (raccolta e credito), sarà disponibile  a dialogare con tutti ma non dedicherà attenzione alle influenze di qualunque tipo che altri, eventualmente e  nel passato, avessero avuto

3 I circa mille azionisti finanziati con crediti legati alla sottoscrizione dia zioni saranno valutai in base alla loro rispondenza ai parametri bancari per verificare se non debbano essere chiamati al rientro

4 il valore delle azioni non sarà né alto né basso ma quello che ha la banca in base alla situazione che l’AD ha trovato e in base al principio che anche in finanza “nulla si crea nulla si distrugge”; l’unica scelta, sia pur difficile ma dannosa per gli attuali azionisti, tecnicamente, sarà  il non seguire, se potranno, l’aumento di capitale perché diluirebbero il valore del loro investimento

5 i 575 dipendenti in esubero usufruiranno dei paracadute previsti per i contratti del bancari e dopo i primi che dovranno lasciare la banca a inizio 2016 l’altra metà di tagli è prevista per il 2020

 

Roberto Ciambetti, presidente Consiglio regionale Veneto

Come ha  ben spiegato il presidente Zaia, il pacchetto azionario di maggioranza della Pop di Vicenza è già definito con il ruolo assunto da Unicredit e la solidità del gruppo non è in discussione. In discussione  casomai c’è il ruolo e il modello operativo del futuro tutto da inventare per questa banca, partendo tuttavia da un dato di fatto: il tessuto socio-produttivo Veneto, come cercherò di spiegare, ha bisogno di un grande istituto di credito  capace di interloquire e comprendere il territorio.  
Perché questa necessità? Non perché lo impone il mercato o chissà quale autorità o lobby. La trasformazione è conseguenza del mutamento dello scenario in cui ci troviamo ad operare:  non c’è più la piccola città, il bastardo posto cantato da Guccini, c’è  una nuova realtà metropolitana,  il Veneto,  una metropoli regionale da cinque milioni di abitanti.  Questa città regionale può sostenere una propria banca, che si differenzia dai grandi Istituti di credito internazionali attivi sulla piazza, per la capacità che avrà di rapportarsi con il territorio, conoscendolo e interpretandone le esigenze, aspirazioni e bisogni.  E qui emerge un dato di fatto per quanto riguarda la Popolare di Vicenza e Veneto Banca: la professionalità dei dipendenti, la loro conoscenza del cliente e della realtà in cui operano, un sapere e una professionalità che nessun algoritmo, nessun analista computerizzato potrà mai sostituire. Non c’è software che tenga davanti all’intuito, all’esperienza e alla capacità professionali: le due banche, da questo punto di vista, hanno i numeri a posto e le eventuali eccedenze di personale, come i 575 lavoratori di cui si parla alla Popolare Vicentina, vanno innanzitutto analizzate e discusse con le rappresentanze sindacali, perché alla fine i numeri potrebbero essere diversi o gestiti in maniera  innovativa.
Non si venga a dire che una banca di una metropoli regionale non offre garanzie per l’operatività sull’estero: sapete veramente quante siano le banche italiane effettivamente attive sull’estero e quante invece lavorano appoggiandosi ad altri? E per quanto riguarda il dimensionamento non dimentichiamo che il Veneto ha più abitanti di intere nazioni dell’Unione Europea ad iniziare dalla Slovenia o dalla Croazia e rispetto a tanti stati ha anche una economia decisamente all’avanguardia, in grado di avviare  una propria banca.
Per quanto riguarda gli azionisti francamente, la partecipazione all’aumento di capitale, se vi è la disponibilità e capacità di sostenere lo sforzo richiesto, dovrebbe essere fatta caso per caso,  seguendo le caratteristiche di ciascun investitore, la sua propensione al rischio e il suo tetto ideale dello stop-loss . So bene che molti quel tetto lo hanno già raggiunto e superato, ma è anche vero che bisogna valutare con fredda razionalità il piano industriale che non è un piano di salvataggio alla disperata, quanto un percorso di rilancio e riposizionamento che richiederà tempi medio-lunghi e non è detto che il sacrificio di oggi non paghi domani, anzi. L’investimento, che si sottoscriva l’aumento o si scelga di tagliare il valore delle azioni acquistandole in Borsa,  dipende se non tutto ma cero molto dalla possibilità di immobilizzare risorse e capitali per un tempo al momento non facilmente definibile.
L’opera di  chiarezza  e sistemazione delle posizioni avviata dal nuovo management segue le regole del buon credito e mira a rafforzare la posizione dell’Istituto: chi dimostra di essere in grado di fare pulizia a fondo dimostra ai mercati e agli investitori la serietà e solidità  dell’Istituto di credito e questo è un passo decisivo anche nella gestione delle pratiche, affidamenti, concessioni di prestiti, mutui, castelletti di sconto e via dicendo. Ciò che conta è la  massima trasparenza e  una vigilanza attenta:  il rilancio non può essere figlio dell’opacità.

 

Enrico Cappelletti, senatore Movimento 5 Stelle

Gent. Direttore,

La ringrazio dell'aggiornamento. Come lei ben sa, siamo in Senato a difendere la Costituzione, dalla riforma piu' inutile e dannosa della storia della repubblica. Ma vengo a BPVi e mi permetto di estendere le medesime considerazioni a Veneto Banca.

Io credo che sia necessaria ed opportuna una sostituzione radicale del management di Veneto Banca e BPVi. Per il semplice assunto che se aspettiamo che siano gli stessi soggetti (od altri da loro nominati) che hanno causato questo disastro a risollevare le sorti delle banche, siamo fuori strada. Un primo patto tra piccoli azionisti di Veneto Banca ha posto esattamente la stessa questione. I piccoli azionisti devono organizzarsi per essere rappresentati nei CdA.

Non credo opportuna la fusione con Veneto Banca. Per due motivi: innanzitutto non sono due banche malconce che ne fanno una di sana. Ma soprattutto perché la coincidenza degli sportelli sullo stesso territorio, riduce evidentemente la profittabilità dell'operazione. E prevede inevitabili licenziamenti. Molti più di quanti non ne siano già stati annunciati.

Procedere ad una quotazione in borsa, prima di una stabile ripresa degli istituti, rischia di esporre i piccoli azionisti ad una ulteriore rilevante perdita di valore, a seguito delle probabili spinte ribassiste che si scateneranno sui titoli. Mentre i piccoli azionisti rischierebbero di rimanere con un pugno di mosche, i giganti della finanza potrebbero fare delle banche un sol boccone, a prezzi di favore. Si badi bene che la norma recentemente approvata sulle banche popolari obbliga la loro trasformazione in Spa, ma non la loro quotazione in borsa. Le necessità di vendita delle azioni da parte degli azionisti, potrebbe altrimenti essere mediata in un mercato ad hoc, con oscillazioni limitate, mantenuto al riparo dalla speculazione (come peraltro suggerito dal presidente di confindustria, Zigliotto). Gli istituti dovrebbero garantire, infine, l'accesso agli azionisti a prestiti a condizioni di particolare favore, essendo garantiti dalle azioni possedute.

Una considerazione finale: il decreto che impone alle popolari di trasformarsi in Spa sembra essere stato fatto apposta per fare un favore ai poteri forti della finanza, che mirano a mettere mano alla rilevante raccolta di risparmio degli italiani, ancora nelle mani delle banche popolari. Gli attuali management, anziché ostacolare questo disegno (rimandando per quanto possibile la quotazione in borsa), sembrano inspiegabilmente accelerare la corsa verso il dirupo. Infine la presa di posizione di zaia, che aveva già difeso il management di venetobanca, e sostenuto la fusione, mi fa pensare. Fermo restando che é preferibile mantenere sul territorio la governance di queste due banche, mi richiama alla mente la battaglia per l'italianità di Alitalia: sappiamo tutti oggi quanto fosse solo una truffa, e quanto miseramente sia andata a finire.


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