Quotidiano | Categorie: Giudiziaria

Condanna a dieci mesi per Matteo Marzotto per il caso Valentino Fashion Group - Permira. La domanda: rimarrà in BPVi, Fiera e Cuoa?

Di Giovanni Coviello (Direttore responsabile VicenzaPiù) Mercoledi 17 Febbraio 2016 alle 18:58 | 0 commenti

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Colpevoli in primo grado, e condannati a 10 mesi di reclusione con la sospensione condizionale della pena e la non menzione della condanna. È arrivato questo pomeriggio il verdetto dell'attesa sentenza sul caso Valentino Fashio Group - Permira per Matteo Marzotto, per la sorella Diamante e per Massimo Caputi (nella foto l'ingresso dell'aula).
La vicenda.
La Valentino Fashion Group, di cui Matteo Marzotto era presidente, è stata venduta dalla Icg (International Capital Growth) al fondo Permira con un plusvalenza di oltre 200milioni, ma grazie all'operazione su base estera "sarebbero state evase imposte per oltre 70 milioni" che erano destinate all'erario italiano (in quanto Icg, pur essendo lussemburghese, di fatto era del tutto Italiana, questa la tesi).

Otto dei coinvolti nella vicenda tra cui vari altri membri della famiglia Marzotto (gli otto sono Vittorio Marzotto, Andrea Donà delle Rose, Isabella Donà delle Rose, Rosanna Donà delle Rose, Margherita Marzotto, Maria Rosaria Marzotto, Cristiana Marzotto e Ferdinando Businaro) avevano chiesto e ottenuto il patteggiamento sborsando già 57 dei 71 milioni che sarebbero stati evasi.

Avevano scelto la via del giudizio proprio i tre condannati di oggi sostenendo la tesi, scrivevamo il 5 febbraio, che il suo presidente Matteo Marzotto, con gli altri due solidali con questa linea di difesa, avrebbe venduto la Valentino quasi "a propria insaputa", coinvolto in un gioco di quote e società che non gli avrebbe lasciato spazio di manovra, ma con un'operazione fraudolenta che lui non aveva assolutamente premeditato, e su cui è intervenuto solo marginalmente.
Per quello che i pm di Milano Laura Pedio e Gaetano Ruta hanno definito, invece, un "pacifico fenomeno di esterovestizione" di una società che "aveva la sede legale all'estero ma era gestita completamente dall'Italia", gli stessi pm avevano chiesto condanne pari a un anno e 4 mesi di carcere per i tre imputati Matteo Marzotto, per sua sorella Diamante e per il socio amministratore di Icg Massimo Caputi.

La sentenza e le implicazioni su BPVi, Fiera di Vicenza e Cuoa
Un colpo comunque duro, alla fine, i dieci mesi inflitti per i tre imputati (con la sospensione condizionale della pena e la non menzione della condanna) ma soprattutto per Matteo Marzotto che ricopre i ruoli, che, a meno che non faccia il nobile gesto di dimettersi, probabilmente andranno ora in discussione, di membro del già discusso Cda della Banca Popolare di Vicenza, di presidente della Fiera di Vicenza oltre che del Cuoa di Altavilla. Abbiamo chiesto, intanto, i pareri al riguardo della Banca oltre che del sindaco del Comune di Vicenza e del presidente della Provincia di Vicenza, due degli enti che sono titolari di quote di riferimento di Fiera e Cuoa. Come pure abbiamo chiesto al suo ufficio stampa le reazioni del dr. Marzotto, che pubblicheremo non appena ci arriveranno.

I commenti delle parti "legali"
A giudizio pronunciato con un sostanziale accoglimento delle tesi di accusa sia pure con una pena emessa inferiore a quella richiesta, i due pm, Pedio e Ruta, non hanno voluto commentare la sentenza "per correttezza e per non essere coinvolti in qualunque tipo di valutazione", ci ribadisce anche al telefono e a bocce ferme, il dr. Gaetano Ruta. Contro la sentenza i difensori dell'illustre vicentino faranno "naturalmente" ricorso. Non solo, si dicono stupiti dal verdetto inaspettato, e andranno avanti sulla strada della dichiarata innocenza, per manifesta estraneità ai fatti.
"Non è la prima volta che degli innocenti vengono condannati in primo grado per poi venire assolti con la sentenza definitiva." ci chiedono di prendere nota gli avvocati della difesa Alessandra Mereu e Paolo De Capitani, "Domani leggeremo le motivazioni del giudice, al momento fatichiamo a immaginare quali siano. Ricorreremo in appello e andremo avanti convinti dell'innocenza dei nostri assistiti."


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