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Zaia e Ciambetti bocciano legge di Stabilità: “danneggia i veneti”

Di Redazione VicenzaPiù Sabato 24 Ottobre 2015 alle 18:40 | 0 commenti

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Regione Veneto

“Il Governo e il Pd cercano di tranquillizzare gli italiani facendo credere loro che nella legge di stabilità non si parli di ticket ma solo di rialzi di imposte che potranno essere decisi autonomamente dalle Regioni. La verità è che, con i loro tagli indiscriminati alla sanità, manderanno in rosso anche Regioni come il Veneto, che oltre a lasciare a Roma più di 21 miliardi l’anno di residuo fiscale, presenta bilanci in attivo da sei anni e non è mai andata in piano di rientro, con relativo commissariamento”.

E’ la risposta del presidente della Regione Veneto Luca Zaia a quanto affermato da Federico Gelli, deputato e responsabile sanità del Pd. 

“La verità è che, per non perdere consenso, anche stavolta il Governo ha deciso di non applicare i costi standard, che colpirebbero le Regioni ‘sprecone’, quelle con i conti in disordine e con ancora tanto grasso da recuperare da fondi mal spesi, affidandosi invece a tagli lineari che tolgono definitivamente ossigeno a chi pratica acquisti di beni e servizi in modo virtuoso, con il massimo delle economie possibili e senza soggezioni nei confronti dei fornitori”.

“Così, ed è bene che i veneti lo sappiano – conclude Zaia - Roma taglia a Venezia 250 milioni di euro su cui la Regione aveva basato la programmazione sanitaria dei prossimi anni. Li toglie ad una Regione che non ha mai applicato ticket e addizionali Irpef oltre a quelli che lo Stato ci impone. Sacrifici – che qui non sono necessari, né tantomeno dovuti - a favore di chi spreca”.

 

“I numeri della Legge di Stabilità lasciano allibiti: siamo alla macelleria sociale e ce ne accorgeremo a partire dal 2017 quando i conti pubblici esploderanno”. Non ha dubbi il presidente del Consiglio regionale del Veneto, Roberto Ciambetti, dopo la lettura del testo ufficiale presentato al Senato della Legge di Stabilità. “Nel triennio 2017 – 2019 si prevedono tagli per circa 15 miliardi sui conti regionali – ha spiegato Ciambetti – e considerato che il 75 per cento del bilancio delle Regioni è relativo alla Sanità possiamo ben dire che nel volgere di 36 mesi la sanità pubblica verrà fortemente ridimensionata: a pagare il conto saranno i ceti medi, i lavoratori, i pensionati, cioè chi non potrà pagarsi una assicurazione o sostenere le spese per prestazioni fuori dal servizio pubblico Già oggi nel 41,7% dei nuclei familiari italiani, almeno una persona ha dovuto fare a meno di una prestazione sanitaria perché non poteva pagare una visita o un esame privato. L’Istat ci ha detto che il 42,5% dei pensionati italiani, qualcosa come 6,5 milioni di persone, ha un reddito da pensione inferiore ai 1.000 euro ed il 12,1%, ben 1,88 milioni, ha assegni inferiori ai 500 euro: come farà questa gente a sostenere le spese mediche, quando il servizio pubblico dovrà drasticamente tagliare i servizi offerti per un controvalore di 15 miliardi di €". "Ciò che fa indignare – ha proseguito il presidente del Consiglio regionale del Veneto – è sapere che tra i conti dei ministeri a Roma ci sono almeno una decina di miliardi su cui è possibile incidere in maniera decisa: si taglia la sanità ma non si diminuiscono gli sprechi. Giarda, Bondi, Canzio, Cottarelli Perotti, dicono niente questi nomi? Sono i vari esperti chiamati a individuare i tagli alla spesa pubblica e il cui lavoro è rimasto lettera morta proprio perché non si vuole mettere mano ai veri sprechi. In questi anni abbiamo visto abbattere del 50 per cento la spesa in conto capitale, cioè gli investimenti nelle opere pubbliche e infrastrutture necessarie per la crescita dell’economia, si è abbattuta la spesa al netto degli interessi sul debito e anche la spesa corrente ha subito una contrazione che si è immediatamente riflessa nella qualità dei servizi pubblici. Gli stipendi del Pubblico impiego sono fermi da anni e comparti strategici, come quelli relativi alle Forze dell’Ordine già sottopagate soffrono della mancanza di turn over". Conclude Ciambetti: "Più che una legge di stabilità siamo ad una Legge di Instabilità sociale, con norme che stanno ponendo le basi per una svolta autoritaria. Un conto sono provvedimenti impopolari, che non garantiscono consenso ma pongono le basi per il risanamento dei conti pubblici, un altro è varare nome contro gli interessi dei cittadini per sostenere una svolta neocentralista. Lo stato, in altre parole, fa la voce grossa e vuole trasformarci tutti da cittadini in sudditi”


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