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Ci penserà la magistratura a far luce sulle colpe e sulle responsabilità su quella che dai racconti di stampa e televisioni sembra assumere la forma della "consuetudine", del disprezzo totale verso il lavoro e nei confronti di quell'etica che dovrebbe essere alla base del lavoro pubblico.
Certo, però, ci sembra un po' strano che questa notizia, dopo due anni di indagini, affiori proprio ora che l'attacco al pubblico si è fatto più feroce, con 3 milioni di lavoratori che non rinnovano i contratti da 6 anni ed ai quali la manovra del governo Renzi offre la fantastica cifra di aumento pari a 5 euro lordi al mese e con un blocco quasi totale del turn-over che prevede una nuova assunzione ogni quattro pensionamenti.
Ma a prescindere dalle "coincidenze" e dai tempi sospetti, questa vicenda è un pugno allo stomaco nei confronti di chi il proprio lavoro, nel pubblico come nel privato, svolge quotidianamente e onestamente. E' un'offesa nei confronti di chi protesta perché vive in condizioni inaccettabili di precarietà o di chi non arriva a fine mese ed è costretto a sacrifici inenarrabili per sostenere la propria famiglia che ormai vede mediamente un disoccupato o un licenziato sotto ogni tetto.
Ciò che però ci fa veramente incazzare è l'intensità delle strumentalizzazioni e delle generalizzazioni; la cultura del sospetto, quella che tende a far vedere ogni dipendente pubblico come un nullafacente, un imbroglione: in altre parole il tentativo di estendere la criminalizzazione ad un'intera categoria.
Noi non ci stiamo e non soltanto perché siamo lavoratori e il nostro ruolo sindacale è quello della tutela e della rappresentanza del mondo del lavoro, ma anche perché siamo i primi a condannare chi, invece di lottare per cambiare e migliorare le proprie condizioni di lavoro, fa di tutto per arrangiarsi, utilizzando metodi e strumenti inaccettabili, creando un danno enorme a tutti i lavoratori.
Se si guadaga poco, sì lotta per aumentare il salario!
Se le condizioni di lavoro e di vita non soddisfano, si lotta per migliorarle!
Altre strade, altre scorciatoie, non ne esistono.
Comune di Sanremo, Raniero: i furbetti e chi lavora e lotta per servizi migliori e stipendi migliori, con contratti fermi da 7 anni
Martedi 27 Ottobre 2015 alle 18:18 | 0 commenti
Riceviamo da Germano Raniero, Usb, e pubblichiamo
La vicenda dei dipendenti comunali di Sanremo fa sicuramente inorridire chi di lavoro dipendente vive e si sente sfruttato e sottopagato. Per inciso ho lavorato 25 anni in ospedale e ancora precario ho fatto una lettera pubblica in cui segnalavo il comportamento dei "clientelarmente assunti": chi non ricorda intere vie, interi quartieri assunti dal politico o dal "monsignore", che timbravano e sparivano; mi vergognavo e non potevo tollerare  e non va tollerato chi "frega" il collega e i cittadini che lo pagano; questo a qualsiasi livello.
La vicenda dei dipendenti comunali di Sanremo fa sicuramente inorridire chi di lavoro dipendente vive e si sente sfruttato e sottopagato. Per inciso ho lavorato 25 anni in ospedale e ancora precario ho fatto una lettera pubblica in cui segnalavo il comportamento dei "clientelarmente assunti": chi non ricorda intere vie, interi quartieri assunti dal politico o dal "monsignore", che timbravano e sparivano; mi vergognavo e non potevo tollerare  e non va tollerato chi "frega" il collega e i cittadini che lo pagano; questo a qualsiasi livello.
A cominciare dalla testa.
Sono pochi  ma a volte sono tollerati o coperti da "dirigenti"  e "politici" vari.
Dirigenti e politici che a volte finiscono nelle inchieste giudiziarie  per corruzione o altro e che puniscono chi lotta, chi dissente, chi denuncia  invece che i  furbetti.
Non può che esprimersi un giudizio severo e senza attenuanti nei confronti di chi, con il proprio comportamento irresponsabile, da forza alle strumentalizzazioni ormai quotidiane che si concentrano sul lavoro pubblico.Ci penserà la magistratura a far luce sulle colpe e sulle responsabilità su quella che dai racconti di stampa e televisioni sembra assumere la forma della "consuetudine", del disprezzo totale verso il lavoro e nei confronti di quell'etica che dovrebbe essere alla base del lavoro pubblico.
Certo, però, ci sembra un po' strano che questa notizia, dopo due anni di indagini, affiori proprio ora che l'attacco al pubblico si è fatto più feroce, con 3 milioni di lavoratori che non rinnovano i contratti da 6 anni ed ai quali la manovra del governo Renzi offre la fantastica cifra di aumento pari a 5 euro lordi al mese e con un blocco quasi totale del turn-over che prevede una nuova assunzione ogni quattro pensionamenti.
Ma a prescindere dalle "coincidenze" e dai tempi sospetti, questa vicenda è un pugno allo stomaco nei confronti di chi il proprio lavoro, nel pubblico come nel privato, svolge quotidianamente e onestamente. E' un'offesa nei confronti di chi protesta perché vive in condizioni inaccettabili di precarietà o di chi non arriva a fine mese ed è costretto a sacrifici inenarrabili per sostenere la propria famiglia che ormai vede mediamente un disoccupato o un licenziato sotto ogni tetto.
Ciò che però ci fa veramente incazzare è l'intensità delle strumentalizzazioni e delle generalizzazioni; la cultura del sospetto, quella che tende a far vedere ogni dipendente pubblico come un nullafacente, un imbroglione: in altre parole il tentativo di estendere la criminalizzazione ad un'intera categoria.
Noi non ci stiamo e non soltanto perché siamo lavoratori e il nostro ruolo sindacale è quello della tutela e della rappresentanza del mondo del lavoro, ma anche perché siamo i primi a condannare chi, invece di lottare per cambiare e migliorare le proprie condizioni di lavoro, fa di tutto per arrangiarsi, utilizzando metodi e strumenti inaccettabili, creando un danno enorme a tutti i lavoratori.
Se si guadaga poco, sì lotta per aumentare il salario!
Se le condizioni di lavoro e di vita non soddisfano, si lotta per migliorarle!
Altre strade, altre scorciatoie, non ne esistono.
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