Popolari, rischio effetto domino. Presidente piccoli di Confindustria: "Investirò in Bpvi e Veneto Banca se rilancio è convincente"
Domenica 27 Settembre 2015 alle 11:41 | 0 commenti
Il rischio di un effetto domino sul fronte delle conseguenze in Veneto dalle crisi di Popolare Vicenza e Veneto Banca. Ma anche la disponibilità ad investire nel rilancio, con piani credibili. Invita ad un atteggiamento attivo di fronte alla crisi delle due popolari, Alberto Baban, presidente nazionale della Piccola industria di Confindustria, imprenditore attivo con la sua Tapì, ma anche tra i leader della rete imprenditoriale di Venetwork, oltre che membro del consiglio territoriale di Unicredit. Che di fronte alla crisi di Bpvi esplosa con le perquisizioni di martedì punta sugli elementi che possano rilanciare l'interesse intorno all'istituto.
Presidente in 15 giorni, tra Vicenza e Treviso, vanno in scena due assemblee di Confindustria. All'industria in ripresa fa da contraltare la crisi al culmine delle banche popolari. Resteremo senza il carburante del credito ora che serve?
«Temo di più che salti la fiducia. Alla mancanza di credito si può ovviare, magari ricorrendo ad altre banche. Nell'attuale complicata situazione temo intorno ai due istituti il venir meno del rapporto di fiducia e vicinanza con le imprese, della partecipazione e dell'investimento di imprese e cittadini. E poi c'è l'altro aspetto».
E sarebbe?
«La perdita di valore delle azioni che impoverisce una grande comunità . Parliamo di 117 mila soci a in Bpvi e di 88 mila in Veneto Banca, con le loro famiglie che perdono capacità di consumo e investimento, in situazioni personali anche estreme. Si rischia la rottura di un equilibrio storico».
Con il rischio di contraccolpi in molti settori, viste le partecipazioni - dalle fiere, agli aeroporti - specie di Bpvi.
«Sì, non si può essere superficiali di fronte a quanto sta accadendo. Il Veneto ha sempre trovato soluzioni compatibili: dobbiamo ritrovare la fiducia e una via d'uscita».
Teme con la crisi delle popolari un effetto domino?
«Temo molto gli effetti concatenati, va evitato l'effetto domino. Il caso di Bpvi, e di Veneto Banca, riguarda tutta la regione: non possiamo disinteressarcene. Abbiamo l'obbligo di cercare le soluzioni, al di là dell'esser o meno soci».
La crisi di Bpvi mette in luce un rapporto banca-impresa opaco, in cui merito di credito e progetti industriali paiono spesso all'angolo.
«È complicato dare una lettura e la caccia al colpevole rischia di farci perdere lucidità . Per il mio ruolo istituzionale e la mia storia d'imprenditore credo ancora in un rapporto sano tra finanza e impresa».
Ma c'è una sfida di trasparenza nel rapporto tra banca e impresa in Veneto?
«Nell'attuale mondo della competizione internazionale sarei tentato di dare per scontate trasparenza e correttezza».
Gli imprenditori dovrebbero star fuori dalle banche?
«Anche le banche sono imprese: normale che chiedano il sostegno di chi le imprese le conosce. Con trasparenza e correttezza non vedo negativa la presenza degli imprenditori. Io ho scelto un ruolo consultivo: sento di poter dire qualcosa a livello strategico, ma non sono preparato per un cda».
Ma l'effetto domino come si evita? Ad esempio come si esce dall'emergenza dei soci?
«Fornendo gli elementi per capire se la caduta di valore è temporanea e potrà rientrare e se, ad esempio, la Borsa poi sarà un'occasione. Oltre gli allarmismi, andrebbero raccontate anche le opportunità . La base operativa sana delle due banche non è in discussione».
Vicenza farà un aumento di capitale pesante. Giusto che gli imprenditori partecipino? A che condizioni di trasparenza e convenienza?
«Su Popolare di Vicenza la garanzia di Unicredit non è cosa da poco. Dice che c'è un soggetto che sa interpretare le cose che ha deciso di garantire».
Cioé se Unicredit mette i soldi è un dato da cui partire.
«Esatto. Lo dico anche per evitare i falsi moralismi dell'appello a sottoscrivere in chiave etica. La banca è un'impresa e deve raccontare un progetto sostenibile, per trovare investitori disposti a metter soldi. Qui non ci sono come per Mps nazionalizzazioni o Monti-bond. Rimane solo la capacità di raccontare un progetto che mobiliti altri imprenditori. Capace di ridare speranza a chi è già socio. Bisogna essere lucidi».
Che piano industriale si aspetta?
«Capace di ridare fiducia e convinzione, di spiegare al territorio cosa Bpvi al territorio può ancora restituire».
E lei pensa di partecipare?
«Devo esser sincero: ci sto pensando per entrambe le banche. Ho sempre investito nell'industria. Ma con piani credibili sono tra chi può pensarci. E non lo farò vestendo i panni del capitano coraggioso, o eticamente corretto, o che dice di farlo per il territorio. Questa è un'impresa e come tale va giudicata. Se lo farò è perché ci credo da imprenditore: altrimenti farei beneficenza. Non ho mai avuto quote di banche. Ma se stavolta ci fossero tutti i requisiti, perché no?».
Di Federico Nicoletti, Il Corriere del Veneto
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