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Il Fatto: se MPS quota solo 1,9 miliardi, attese dubbie per Carige, BPVi e per molte altre banche

Di Rassegna Stampa Mercoledi 20 Gennaio 2016 alle 10:25 | 0 commenti

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Non solo Mps: ecco i sospetti sulla tenuta del sistema bancario. Siena è la linea di faglia, ma tutti i nostri istituti sono sotto osservazione: sospetti sui numeri ufficiali, redditività a zero, panico da bail-in e necessità di nuovi capitali

Londra, primi di gennaio. In una riunione riservata tra grandi investitori che guardano all'Italia, la discussione arriva sul Monte dei Paschi di Siena. I possibili investimenti su un titolo che mostra ribassi profondi vengono subito scartati per il sospetto che i bilanci siano meno rosei di quanto appaiono. L'episodio rivelatore viene ricostruito al Fatto da fonti finanziare qualificate. Torniamo a oggi. "Stiamo a prezzi che non vedevo da una vita", confida un importante analista.

 

Dopo il lunedì nero, ieri è stata un'altra giornata di vendite in Borsa per i titoli bancari. Il rumore più forte l'ha fatto l'ennesimo tracollo di Mps, che da inizio anno ha perso circa il 45% del suo valore in Borsa: sospensioni e nuovo tonfo del 14,3% a 0,65 euro, minimo storico.

Siena è la linea di faglia di un sistema sotto stress, colpito da vendite e prezzi in picchiata. Andamento simile a Rocca Salimbeni è quello di Carige (-11% finale a 0,778 euro). Male di nuovo anche altre banche interessate all'indagine conoscitiva sulle sofferenze avviata dalla Bce: Banco Popolare (6,29%), Popolare dell'Emilia Romagna, Unicredit (-3,4%) e Ubi (-1,9%).
IL PRIMO BANCO DI PROVA
Lunedì si vedrà se ci sono offerte per le nuove Etruria & C0. Il vero problema: nessuno guadagna più e quindi nessuno compra
Siena è la grande attenzionata dal governo. Matteo Renzi ha capito la gravità della situazione e preso in mano il dossier. Ora la banca vale in Borsa 1,9 miliardi, assai meno anche dei tre chiesti ai soci a giugno. Ora la quota in mano alla Fondazione Mps vale 34 milioni, mentre il 4% che il Tesoro ha in mano da luglio (contropartita dei Monti bond) ne vale 90. Dentro il gruppo guidato da Fabrizio Viola nessuno vede un compratore all'orizzonte, e un nuovo aumento di capitale è scartato a prescindere. La banca ha buoni requisiti patrimoniali, come da giorni ricordano i vertici, ma la redditività è lontana: nessuno investe soldi se sa che non guadagnerà.
Da settimane, peraltro, si assiste al calo del prezzo delle sue obbligazioni subordinate, che col bail-in pagano in primis le crisi bancarie insieme ai bond senior e ai depositanti sopra i 100 mila euro. Nei prossimi tre anni ne vanno in scadenza per 3,6 miliardi, quasi uno quest'anno. Il capitale, però, non può più essere puntellato per questa via. Il calo è generalizzato e riguarda tutte le banche, soprattutto le più fragili come Carige, PopVicenza e Veneto Banca. Su pressione del Tesoro e Bankitalia, finora i grandi istituti (Unicredit in testa) hanno acquistato i bond delle banche in difficoltà, ma tra queste non rientra Mps. Ha ricordato ieri il presidente della commissione Bilancio della Camera Francesco Boccia (Pd): quei bond sono stati girati come collaterale alla Bce per ottenere liquidità. E Francoforte ora vuole capire cosa si è messa in casa.
L'ondata di vendite, in realtà, è partita da novembre, a ridosso del decreto che ha "salvato Pop Etruria, Banca Marche, Carife e Chieti bruciando 2,6 miliardi di risparmio. La notizia delle indagini a campione della Bce (lo leggete qui a fianco) ha aggravato il panico, innescato dalle vendite di grossi operatori stranieri. Francoforte, peraltro, ha chiesto chiarimenti sui criteri di contabilizzazione dei crediti deteriorati anche a Popolare di Milano - secondo i rumors contesa tra Ubi e Banco Popolare - che invece non ha alcun problema di sofferenze (i crediti che non torneranno più indietro). Nell'attesa, il "risiko" delle Popolari non decolla.
Nel sistema bancario italiano ci sono 350 miliardi di crediti deteriorati, 201 sono sofferenze. Dopo i questionari, la Bce potrebbe avviare ispezioni e chiedere di rettificare il valore con cui sono iscritte a bilancio. Tradotto: serviranno più accantonamenti per coprire le potenziali perdite. Le banche italiane oggi valutano le sofferenze attorno al 40%: su 100 euro prestati, contano di recuperarne 40 e quindi ne hanno accantonati 60.
Altro problema. Il decreto del 22 novembre ha svalutato le sofferenze delle 4 banche interessate al 17,6%. Un valore che ha spaventato il mercato: se fosse applicato a tutto il settore, ci sarebbero perdite tra i 40 e i 50 miliardi. È un dato realistico? Nessuno lo sa, perché le banche non diffondono i dati. Gli operatori del settore stimano un recovery ratio, cioè un tasso di recupero delle sofferenze acquistate, in media intorno al 30-32%. Così il 17,6 è un prezzo realistico, peraltro vicino a quello a cui le grandi banche hanno ceduto le sofferenze più vecchie (10-12%). Per quelle più recenti il tema è più complesso, visto che spesso si tratta di prestiti coperti da ipoteche immobiliari, da cui si possono fare margini anche elevati. Gli stessi commissari di Bankitalia stimavano valori intorno al 45% per Etruria.
il vero problema, però, è il trend. Prima di passare a sofferenze, i crediti a rischio sono classificati "incagli". Secondo l'analisi di Linkerblog, tra il 2008 e il 2014 questi sono saliti da 33 a 113 miliardi: ogni anno aumentano in media del 60-70%, ma in alcuni casi - come Mps (121%), PopVicenza (97%) e Veneto Banca (90%) - si va oltre. In media un terzo si trasforma in sofferenza. Tradotto: tra il 2015 e il 2017 queste saliranno di 60-70 miliardi, per cui bisognerà accantonare altri 25 miliardi. Se la Bce chiederà di rettificare subito i valori, il conto sale e di parecchio. Non a caso gli investitori guardano al Texas ratio, cioè il rapporto tra crediti deteriorati, patrimonio tangibile e accantonamenti. Una formula che non dice nulla sulla qualità dei crediti ma solo sulle coperture: l'ideale sarebbe da 100 in giù, ma Mps e Banco Popolare sono parecchio oltre.
Le sofferenze, comunque, non creerebbero alcun panico se gli utili andassero a gonfie vele. Ma con i tassi trascinati a zero dal Quantitative easing la redditività è al palo. Le banche sono in vendita, ma nessuno compra e i prezzi crollano: il primo banco di prova sarà la lista delle offerte per le quattro banche salvate il 22 novembre. Basta aspettare lunedì.

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