Sequestro conti Lega, Roberto Ciambetti: l'Italia è un Paese malato, li sequestrano a noi ma non ai banchieri
Sabato 16 Settembre 2017 alle 20:07 | 0 commenti
Un Paese malato ecco cos'è l'Italia, scrive nella nota che pubblichiamo Roberto Ciambetti presidente leghista del Consiglio regionale, un malato che si regge solo perché le parte sane del Paese riescono ancora a tenere. Ma c'è da preoccuparsi sulla tenuta democratica, quando si vedono provvedimenti come quelli che hanno colpito la Lega con un parossistico sequestro preventivo dei conti correnti per una sentenza di primo grado che, tra l'altro, non riguarda l'attuale gestione leghista ma è riferita a precise persone le quali, se trovate colpevoli senza appello dovranno rispondere, a titolo personale, in solido. Come ha argomentato bene il segretario Matteo Salvini, non è detto che non debbano restituire il maltolto non già allo stato ma alle casse del movimento che nei fatti è il primo danneggiato, la prima vera vittima, della loro gestione.
Perché allora questo sequestro preventivo, di entità spropositata rispetto alle contestazioni, nei confronti di un partito con l'esito non di garantire la giustizia ma di mettere in difficoltà un movimento politico e, quindi, il sistema democratico? Chiediamoci quanti e se conti correnti e quali e se ricchezze sono state sequestrate in via preventiva ai banchieri che hanno portato alla rovina migliaia di risparmiatori. Il confronto tra questi casi lascia di stucco.
Possiamo credere in magistrati che creano squilibri così marcati ed evidenti tali da poter dire che veramente la Giustizia non è uguale per tutti?
Anche davanti a comportamenti opinabili dobbiamo comunque credere nella Giustizia difenderla da chi la espone al ridicolo di contraddizioni in cui riecheggiano le parole di Trasimaco, "la giustizia è l'utile del più forte". Troppe volte abbiamo visto come il dibattito nelle aule giudiziarie abbia fatto emergere una verità diversa da quella inizialmente ipotizzata e come, magari dopo molti anni, si sia giunti ad assolvere chi era stato mandato alla gogna mediatica. "Quando per la porta della magistratura entra la politica, la giustizia esce dalla finestra" disse, secondo Indro Montanelli, Pietro Calamandrei e queste parole, indipendentemente da chi le scrisse, suonano amare.
Troppe volte abbiamo invece visto fior fiore di delinquenti, ladri, stupratori, mercanti di droga e morte, assassini, finire liberi, senza pena alcuna, spesso nel volgere di poche ore dal loro arresto: per i farabutti, di cui si è certi del reati commesso, non esiste misura preventiva, ma guai all'onesto che finisce stritolato nell'ingranaggio giudiziario.
La Giustizia è un bene di tutti e non possiamo confondere gli errori, o i perversi risultati di un meccanismo che s'è ingrippato, dimenticando quanti ogni giorno si fanno carico della tutela del Diritto ad iniziare dai magistrati e dalle Forze dell'Ordine in prima fila nella lotta alle mafie, alla criminalità organizzata, ai narcotrafficanti. Sono loro le prime vittime di decisioni altamente opinabili, che come un ictus devastante colpiscono l'intelligenza del Diritto paralizzando la Democrazia rafforzando i delinquenti e diffondendo tra i cittadini un pessimismo rassegnato.
Davanti a ciò non dobbiamo smettere di indignarci.
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