Rosario per la Pace al capitello in viale Ferrarin mercoledì 18 ottobre per l'Algeria
Domenica 15 Ottobre 2017 alle 21:50 | 0 commenti
Il Coordinamento Cristiani per la Pace organizza un rosario al capitello in viale Arturo Ferrarin mercoledì 18 ottobre perchè il popolo martoriato dell'Algeria trovi una pace duratura e possa affidarsi ad una classe dirigente non corrotta, che abbia a cuore solo il bene degli algerini. Sarà ovviamente l'occasione per ricordare anche come si è arrivati al conflitto. Intorno alla seconda metà degli anni '90 sanguinose stragi commesse dagli estremisti islamici si contrapponevano a violente controffensive da parte dell'esercito governativo.
Dopo 100.000 morti (150.000 secondo bilanci indipendenti) la guerra non è ancora conclusa, sebbene attualmente stia attraversando una fase di relativa tranquillità .Nel silenzio quasi totale dei mezzi d'informazione algerini, con uno stillicidio quotidiano, continuano gli scontri tra gli uomini dei gruppi integralisti e il governo di Abdelaziz Bouteflika. Quest'ultimo, che si è praticamente liberato di tutti i principali rivali, il clan dei generali, e che ha concentrato tutto il potere intorno alla sua persona, è anziano e malato. Nel suo entourage, non spicca nessuna figura in grado di riprendere il controllo della situazione.
Mentre il regime lotta per la sopravvivenza, la società ribolle. Le manifestazioni verificatesi in alcune province della Cabilia fra dicembre e gennaio, con una diffusione a macchia di leopardo in tutto il paese fino alle periferie della capitale, hanno evidenziato l'insofferenza della popolazione nei confronti della politica di austerità economica avviata dal governo Sellal, ma soprattutto della corruzione, del clientelismo, della mancanza di democrazia.
Se le radici politiche della dirigenza algerina vacillano e sbandano, appare invece solido il corpo centrale del regime, le Forze armate, con il generale Ahmed Gaïd Saleh, capo di Stato maggiore e vice ministro della Difesa, a garantire la tenuta del paese di fronte alla minaccia jihadista, proteiforme. I sondaggi riflettono un grado di fiducia ancora elevato nei confronti dei militari da parte della popolazione.
Visto da fuori, L'Algeria è un paese che non ha niente che non va. E' ricco, estremamente ricco. Non ha debito estero. Ha risorse naturali, terre fertili, acqua, sole, un potenziale turistico enorme per lo più inutilizzato, un popolo giovane, con un buon livello di istruzione e con competenze in molti settori. Ma il paese non avanza.Dalla fine ufficiale della guerra civile nel 1999, la formula adottata dal sistema di governo di Bouteflika è stata quella della corruzione. Usare le enormi entrate della vendita degli idrocarburi per comprare la pace e la sua perennità al potere. Comprati i guerrieri islamisti che hanno accettato di scendere dalle montagne in cambio di vere e proprie fortune, comprata l'opposizione politica con posti, stipendi alti e privilegi, comprata la classe media con finanziamenti e occasioni di fare business con lo stato, comprati i leader dei giovani che uscivano per manifestare il loro disaggio. Comprati i lavoratori e gli impiegati con l'alzamento degli stipendi e le pensioni e con i crediti al consumo. Con l'esaurirsi delle riserve di denaro si intravede la fine di una epoca.
Si rafforza la cooperazione per la sicurezza tra Algeria e la Tunisia. Di rilievo appunto l'intesa nel campo della sicurezza, siglata dal ministro dell'Interno algerino, Noureddine Bedoui, e dall'omologo tunisino, Hedi Majdoub, mirata a rafforzare le capacità dei due stati in particolare nella lotta al terrorismo, alla criminalità organizzata e all'immigrazione irregolare, oltre al potenziamento dello scambio di informazioni e dei servizi tra i due paesi (marzo 2017). La conferma che ancora una volta il dialogo, la collaborazione, la non violenza sono le strade da percorrere.
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