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Il 25 aprile Pax Tibi: la rinascita, la vittoria sulla cultura di morte

Di Roberto Ciambetti Lunedi 25 Aprile 2016 alle 20:17 | 0 commenti

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“Un giovanetto però lo seguiva, rivestito soltanto di un lenzuolo, e lo fermarono. Ma egli, lasciato il lenzuolo, fuggì via nudo” Così si presenta a noi Marco nel suo Vangelo,  nell’orto dei Getzemani al momento dell’arresto di Gesù.  In quella frase riecheggiano le parole della profezia di Amos “Il più coraggioso fra i prodi / fuggirà nudo in quel giorno” e per noi è  istintivo riandare alla celebre immagine di Francesco d’Assisi che si spoglia in un gesto emblematico di rinascita a nuova vita.

Come un pittore fiammingo, Marco si dipinge nel Vangelo in un momento cruciale del cristianesimo per dirci che è stato testimone oculare di quegli eventi: si spoglia del passato e giovinetto inizia una nuova vita

E’ questo il Marco il cui corpo la tradizione vuole riposi nella Basilica di Venezia? Se non nei resti mortali, nello spirito di certo sì e  ancora oggi questo spirito veglierà sulla piazza veneziana a lui dedicata a nota in tutto il mondo. Marco, l’ermeneuta, l’esegeta, ma anche il giovane che si spoglia nel gesto simbolico di un nuovo inizio, una nuova stagione che non può essere che la primavera. E non a caso a Venezia proprio nella festa di San Marco, l’innamorato dona alla sua morosa il boccolo, il fiore nascente,  in un gesto quasi adolescenziale di una promessa di una nuova vita da condividere. Una vita che sboccia a primavera,  etimologicamente  l’inizio splendente, l’occasione, il riscatto, la palingenesi. Ecco allora il nesso antico,  ideale e profondo tra il nostro Marco e la rinascita.  Anche quella rinascenza che attendeva l’Europa e l’Italia nel 1945 al termine del Secondo Conflitto mondiale, la grande occasione per riscattarsi da orrori e devastazioni, macerie e infami persecuzioni. La vittoria della vita sulla cultura di morte. 

Ecco allora il motto marciano riflettersi  nella dedica che Leo Valiani  scrisse nel 1946 nel pubblicare il suo diario del periodo clandestino: “A Duccio Galimberti, per tutti i caduti,/della nostra parte e dell'altra” a significare  la volontà di ricostruire il Paese pacificato sotto l’egida della democrazia.  “Pax Tibi”,  un impegno di pace  nella democrazia.

I Veneti, all’indomani del 25 aprile 1945 quella democrazia la seppero conquistare giorno dopo giorno, strappando alla povertà la nostra regione, superando pagine amare non ultime quelle del terrorismo eversivo, sconfiggendo ancora una volta la cultura di morte e distruzione.

Non sono mancate errori e  contraddizioni in questi 71 anni e ancora oggi dobbiamo fare i conti con scenari terribili dalla distruzione dei risparmi di  troppi cittadini,  all’inquinamento dell’aria come delle acque,  sino al terrorismo fondamentalista islamico che semina vittime innocenti: ma la vita deve vincere sulla cultura di morte e distruzione.  Il 25 aprile piazza San Marco si riempirà di bandiere marciane, che sventoleranno non contro questo o quel partito, contro tizio o caio ma per la pace, per i Veneti, per la nostra storia e sorrido nel pensare allo zelo con cui si è dato ordine alla polizia di supervisionare i testi dei discorsi in piazza, neanche fossimo dei predicatori di odio e morte. “Pax Tibi” anche a chi si copre di ridicolo.

La zampa del Leone marciano è posata sulle prime pagine del nostro libro che inizia appunto con “Pax Tibi”: a quelle pagine ne seguono altre e in esse stanno scritte le nostre storie di veneti, della Repubblica Serenissima sino alla dignità di un popolo che seppe uscire da due guerre mondiali per diventare, come già in passato, protagonista del mondo globale. Quel mondo dove, non a  caso, il simbolo marciano è ben più conosciuto di tante bandiere ed emblemi, ben più credibile di marchi e patenti: per lui parla la sua e nostra storia.

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