Ciambetti: strategia dell’accoglienza non è la strada giusta
Lunedi 7 Settembre 2015 alle 21:35 | 0 commenti
Riceviamo da Roberto Ciambetti e pubblichiamo
La questione dei flussi migratori non si risolve aumentando le quote dell’accoglienza che saranno comunque insufficienti a soddisfare una domanda di asilo e ospitalità in netta crescita esponenziale. All’ondata emozionale di questi giorni, umanamente comprensibile e per alcuni aspetti condivisibile, subentrerà il ragionamento razionale e con questo una fredda lettura del dato sociale, politico ed economico: non possiamo accogliere tutti.ÂMa dobbiamo cercare di dare una risposta se non a tutti, almeno ai più.
Ha ragione il generale Martin Dempsey, capo di stato maggiore delle Forze armate Usa, a dire che siamo di fronte a una sfida che impiegherà risorse immense e tanti anni di lavoro. Spiace che questa analisi giunga solo ora e non sia stata fatta a suo tempo, quando si destabilizzò il Mediterraneo e non si volle imporre uno scenario di pace anche nel Vicino oriente: ricordo per l’ennesima volta che l’Unione Europea, nel 1995, con la Dichiarazione di Barcellona aveva aperto una strada eccezionale di cooperazione con tutti i Paesi dell’area mediterranea e del Vicino oriente. Quella strada fu interrotta e oggi deve essere invece ripresa. Già questo sarebbe un grande passo avanti: lo strumento c’è, bisogna riattivarlo dando ai corpi diplomatici l’incarico di ritessere le fila di un piano già condiviso.
Oltre a questa strada, chiediamoci se è possibile trovare un equilibrio tra costi e solidarietà vera. Su un dato tutti siamo d’accordo, almeno si spera: la sfida si vince nei Paesi di origine dei flussi, dove bisogna investire e creare le premesse dello sviluppo socio-economico che passa attraverso servizi chiave, come sanità , formazione e certezza del diritto, lotta alla corruzione e alla malavita. Ma, come ha ben detto il presidente Putin, l’Occidente non deve immaginare di imporre la propria cultura e la propria impostazione culturale nella soluzione dei problemi in casa altrui.
Chi pensa a un gigantesco piano Marshall per l’Africa, sbaglia in partenza: il piano Marshall funzionò perché condividevamo i principi della cultura laica e liberale. Con quali stati africani abbiamo questa comunanza di valori? Per questo dico che sarebbe un errore anche solo  immaginare il ripristino di protettorati occidentali chiamati ad affiancare le nazioni africane nell’opera di ammodernamento: per quanto con le migliori e più oneste intenzioni questo affiancamento sarebbe vissuto, e contrastato, come forma di neocolonialismo insopportabile.
Per affiancare le nazioni africane o del terzo e quarto Mondo occorre una regia super partes: i caschi blu della modernizzazione devono saper maneggiare le armi della finanza, del credito, della scuola, della sanità e nella loro azione essere impermeabili alle pressioni dei vari boss e potentati locali ma nel contempo dovranno rispettare le usanze e culture locali, contribuendo assieme ai cittadini africani a bonificare la società da antichi e nuovi mali. Â
Infine non facciamo finta di non sapere, perché sappiamo tutti cosa c’è dietro alle grandi migrazioni: c’è una grande miseria, grandi speranze, ma anche grande speculazione e grandi interessi che manovrano miliardi e miliardi di € o, meglio, bilioni di  Dollari Usa: la vera battaglia non fa fatta su i migranti, ma contro questi potentati che si arricchiscono depredando l’Africa e i Paesi poveri ma ricchi di materie prime, spostano masse di manodopera a piacimento, creano e manipolano l’opinione pubblica. Ci sono multinazionali che hanno bilanci superiori a quelli di interi stati: hanno un potere di persuasione e corruzione incredibile, finanziano giornali, televisioni, tengono in piedi governi o improvvisano rivoluzioni. Piaccia o non piaccia questo è il vero nemico da affrontare. E non lo si sconfigge con i generali del Pentagono o i prefetti.
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